Lettera ai visitatori
C'era un periodo, non molto lontano, in cui credevo in internet, nelle infinite possibilità di comunicazione che offre, nelle potenzialità della Net Poetry, nell'amore per l'arte e nei sentimenti puri e disinteressati.
Qualche amico potrebbe parlare di "deformazione professionale", avendo io operato per anni nel settore Software e Sviluppo di varie aziende. Da amante della Poesia, forte della mia esperienza sul Net, in questo stesso sito promuovevo alcuni siti di scrittura, invitando ogni lettore a "non smettere di scrivere, far leggere le proprie opere e non tenerle nel cassetto".
"internet vi offre tante possibilità di comunicare. Utilizzatele. Diffondete la POESiA", così scrivevo, indicando persino dei siti dove "potrete trovarmi e/o pubblicare le vostre opere".
Poi un giorno successe qualcosa, uno strano malessere cominciò ad affiorare avvertendomi di un disagio che non era più possibile controllare. Cominciai a rendermi conto che internet diventava sempre più un luogo di enorme sofraffollamento nel quale trovavano riparo tutte le anime "sperdute" di questo nostro incredibile mondo. Non era più l'amore per la scrittura. No. Erano fughe dalla realtà, manie e frustrazioni, turbe psicologiche, solitudini immense, infelicità sommerse, insoddisfazioni coniugali, perversioni umane e sociali. C'era di tutto, fuorché la vera passione per l'arte. E cosa di meglio di un sito di scrittura per dare sfogo ai propri problemi, per diffondere in maniera sottile pensieri e cattiverie altrimenti impossibili da pubblicizzare, o ideali maligni, credi satanici, plagi impunibili, o semplicemente per trovare qualcuno che ci ascoltasse e dicesse che eravamo bravi, grandi, stupendi, solo per richiamare l'attenzione su quello che loro stessi pubblicavano e per sentirsi dire a loro volta ch'erano bravi, grandi, stupendi. C'era bisogno di saper scrivere per questo? No, ma nessun luogo come un sito di scrittura richiama così tante persone e lettori e una tale varietà sociale e umana. Come non approfittarne? Pian piano mi si affacciò alla mente la perfida consapevolezza che fosse più valido un qualunque sito di scrittura, oltre che meno impegnativo e costoso, di una qualunque agenzia matrimoniale. Per non parlare delle persone che si combattevano e si "prostituivano" mentalmente pur di avere una sola poesia pubblicata in antologie di basso livello da un sedicente mecenate, o dei branchi naturali che ti offendevano e attaccavano miseramente e squallidamente per un posto in Home Page o soltanto perché avevi osato diffondere il tuo attaccamento per la Poesia dei Classici o per una comune crescita in un laboratorio virtuale interattivo costante, appassionato...

Mi fu detto che ero un depresso, un pagliaccio, un buffone, un "morto vivente", "sei quasi antipatico come Cristiano Sias" cominciava a diventare proverbiale, loro preferivano vivere, mentre io che rifiutavo emoticon e cene chiassose per una coerenza fatta di semplicità e verità, volevo solo "morire". E tanto ancora ci sarebbe da scrivere, su argomenti e malinconie che ora è inutile approfondire in questa sede, peraltro evidenziati sul mio sito nella parte riguardante il movimento de "La Nouvelle Nausée".
La depressione e lo sconforto mi assalirono rapidamente e il rifiuto di internet e di quel tipo di umanità diventò totale, fino a portarmi a chiudere per il disgusto questo stesso sito e cancellare quasi tutto quello che avevo pubblicato in altri, soprattutto in quelli di scrittura che avevano ormai, ai miei occhi, ben poco di dignitoso da dare. in quei giorni, ricordo, pubblicai una lettera intitolata "Sito chiuso per esaurimento da web" e mi ritirai nella mia quotidianità. Così mi sentivo: un "fantasma", un "diverso", il veleno di internet era entrato anche in me, fino a convincermi che "lo sbagliato" ero io. Ancora fui deriso e attaccato per quella lettera e le mie scelte, con una ferocia incredibile che non si fermava davanti a nulla e non risparmiava neanche la mia vita privata. La regola era rinfacciare, infangare, umiliare. il caos imperversava: chi ti amava diceva di odiarti, chi ti odiava finiva per amarti. Le persone in cui credevi arrivavano a mostrare facce e crudeltà impensabili. La distruzione del proprio antagonista sembrava diventare l'unico scopo, fino a toccare i livelli più bassi della totale assenza di pietà e rispetto, con una cattiveria senza limiti che si nutriva unicamente di sé stessa. Di quella follia e quello "sciacallaggio" psicologico sembravano nutrirsi sia gli spiriti più gretti e meschini, sia coloro che fino al giorno prima ti avevano giurato amore eterno e fatto promesse appassionate e ora ti colpivano nella tua stessa intimità. Tutti accomunati nella stessa maleodorante pania, nello stesso vomitevole tradimento. Era rimasto solo qualche amico "vero" e un piccolo lume di speranza, simboleggiato da quella firma ironica in calce: "Cristiano Sias, il poeta più antipatico (?) del web". in fondo, dentro di me, io sapevo che non era così, che non sono un fallito perché credo ancora in valori che per molti sono solo un ricordo, perché lotto per difendere "l'uomo" nei suoi diritti elementari, tra i quali c'è anche quello di poter perdere la pazienza davanti alle ingiustizie e ai soprusi, e di non accettare coloro che considerano la solidarietà e l'amore, l'aiutarsi e il completarsi, solo in senso unilaterale ed utilitaristico.
Di quei "famosi" siti di scrittura oggi non c'è traccia in questo spazio, resistette per qualche tempo solo un link commerciale, e qualche altro collegamento più "genuino". Poi anche quel link sparì, perché invece che il luogo di crescita che dichiarava di essere, anche quel noto "laboratorio" era in realtà un altro scannatoio di sensibilità, dove non si aveva rispetto per nulla e nessuno, nemmeno per i morti. Naturalmente anche quella mia presa di distanza fu soggetta a critiche e attacchi del branco e dello stesso gestore. il mio messaggio di commiato era stato chiaro: se la selezione degli iscritti e la creazione di un laboratorio si limitano esclusivamente al fatto che "uno paga", accogliendo così tutta la schiuma esistente purché apra il portafogli, il risultato che si ottiene è esattamente l'opposto di quello che si proclama, perché si limita il numero degli iscritti e si rischia di concentrare il peggio, favorendo i piccoli gruppi. Senza un maggiore filtro a tutela di chi vuole veramente costruire, si fa solo e di nuovo azienda e profitto, non cultura. in un sito in cui lo stesso gestore non è un esperto di poesia, non si può realizzare un progetto lasciandone la responsabilità a persone di facciata che ancora oggi danno la loro immagine ma non il loro supporto concreto. Scoppiò un putiferio. Lo stesso gestore mi scrisse dicendo "Cristiano se sei arrabbiato con il mondo non prendertela con me anzi con noi tutti."

io non sono "arrabbiato col mondo", cari signori. io il mondo lo amo. io sono arrabbiato con chi non lo ama. Sono arrabbiato con la sua "cecità".

Mi scriveva un autore:"Noi siamo net-writers, poeti che crescono nelle battaglie più dure, che si contaminano l'uno con l'altro, confrontandosi ed incavolandosi, che sono costretti a infondere la musica nei testi perché non possiamo declamarli enfatizzando e creando una musicalità che non c'è."
Rileggo spesso queste parole, senza mai dimenticare che si deve sempre contare sulle proprie sole forze perché, ancor più che nella vita reale, nel mondo virtuale le amicizie sono fluttuanti come nuvole a primavera, e nel momento del bisogno non sarà raro trovarsi regolarmente, irrimediabilmente, soli.

Eppure c'è chi, come me, vorrebbe un mondo letterario diverso, sincero, condiviso e pulito.
Da tutta questa confusione e queste consapevolezze è nato il mio sito. Con questa amarezza e questi sogni nacque NUOVAPOESiA.

Grazie e buona lettura

Cristiano Sias

"il nostro compito è difficile ma vivo. E' anche il solo che abbia un senso e una speranza. Sono uomini quelli che attendono le nostre parole, poveri uomini come noi, quando scordiamo che la vita è comunione. Ci ascolteranno con durezza e fiducia, pronti a incarnare le parole che diremo. Deluderli sarebbe tradirli, sarebbe tradire anche il nostro passato." (Cesare Pavese)